Il regista Mirko Corradini torna a fare l’attore con un monologo che il 21 e il 22 marzo a Villazzano, nel “teatro di famiglia”, vuole inchinarsi all’universo femminile. Il ciclo, la gravidanza, il parto raccontati da un uomo che da bambino voleva “il pancione” . Un desiderio che non si è mai spento e che sul palco può materializzarsi in un lavoro leggero, autoironico ma serissimo. Tra leggerezza e coraggio i pensieri privati diventano pubblici

Da Il Dolomiti – Carmine Ragozzino

TRENTO. I bambini spiazzavano – forse lo fanno ancora – le mamme: “Perché io ho il pisello e lei la patatina?”. Le mamme s’arrampicavano – forse lo fanno ancora – ma non scappavano dai tentativi di spiegazione. I padri? Fuga dall’imbarazzo. Una via d’uscita per non inciampare nell’educazione sessuale casalinga i maschi la trovavano sempre. Forse fanno ancora così.

Mirko Corradini  andava oltre. Già da piccolo. Già da bambino che chissà se era zazzeruto come è oggi. “Mamma, perché non posso fare figli anch’io?”. Negli anni – ne sono passati parecchi ma l’aria è sempre birichina – Mirko la spiegazione se l’è data. Ci mancherebbe. Ma pare si sia sempre più convinto che quella sua richiesta bambina non era “solo” una domanda. Era l’ingenua, originale, atipica, divertente e caparbia manifestazione di un desiderio. Diceva “Perché non posso fare figli?” per dire “Voglio essere incinto”. E per davvero.

Crescendo, Mirko Corradini s’è adeguato all’anatomia. Al differente destino di genere: destino procreativo. Ma la fisima gli è rimasta: eccome. E oggi, più di ieri, sente di doverla comunicare. E condividere.

Come? Con la prosa, of course.  Quando? Tra pochi giorni, il 21 e 22 marzo. Dove? A Villazzano, in quel teatro che è teatro “di famiglia” perché il padre ci ha lasciato un’anima che ancora aleggia. E che vive nella passione di moglie, due figli e ampia compagnia: la gestione – di successo – del “nuovo teatro” di Villazzano.

Mirko Corradini, dunque, in teatro. Un parto figurato, recitato.  “Partorirà” dialogando con l’immaginabile curiosità del pubblico. Sarà un monologo il suo. E farà l’attore – lui che fa solo il regista – dopo 12 anni dall’ultima volta. Da“Tana libera tutti”.

Mirko Corradini non partorirà nel dolore. La gravidanza che ha portato allo spettacolo è stata sì una fatica ma si è trattato di fatica allegra. Una fatica elettrizzante per lui e per quanti ne hanno assecondato il progetto riconoscendone il coraggio.

“Sì, lo dico senza presunzione. Se al posto mio – io che ho scelto di dirigere chi recita – ci fosse un bravo attore questo lavoro potrebbe pure decollare. E chissà che non accada”. Tuttavia nell’anticipare “Voglio essere incinto” Mirko Corradini guarda solo al presente. Al debutto. E’ autoironico perché senza umiltà ed autoironia a chi pratica l’arte resta solo l’ego. E l’ego in libertà fa male, non solo all’arte.

Ma se Corradini scherza su “Voglio essere incinto” lo fa seriamente. Molto, ma molto seriamente. “Voglio essere incinto” – lui la vede così e registrare  il suo trasporto c’è da credergli – non è una “furbata”. Non ammicca. Semmai, rischia. E’ un’onesta ammissione di invidia per il mondo femminile. Ma anche l’invidia – in questo caso almeno – può essere un omaggio, un atto di gratitudine, verso l’universo femminile.

Certo, a sentire Corradini che s’appresta a mettere a nudo, su un palco, un desiderio di mestruo, di gravidanza e infine di parto ci sarà chi sarà tentato di chiamare il servizio psichiatrico. Ci sta. Ma potrebbe anche succedere il contrario. E’ successo – ad esempio – nelle sedute di “studio” che hanno portato all’allestimento. “Dopo quella serata di studio – ha scritto a Corradini una donna – ho aspettato il mio ciclo mestruale per poterlo vivere con occhi diversi, con un’attenzione particolare a quelle piccole cose che diamo per scontate”.

Con lo spettacolo potrebbe quindi capitare – e questo è il “vero” desiderio di Mirko Corradini – che la leggerezza con la quale il registattore ha provato a vestire il suo monologo faccia breccia in chi semplicemente “non ci aveva pensato”. Non aveva pensato a quanto 28 giorni che ogni donna vive in modo diverso ma che finiscono tutti nello stesso assorbente siano giorni di introspezione. Sia fisica che psicologica.

Il “ciclo” – dice Corradini – permette la vita, una nuova vita. La gravidanza non è una passeggiata ma permette un itinerario magico nell’intimo, nel corpo che muta mese dopo mese e mese dopo mese cambia chi vive questa esperienza e chi le sta attorno. Ecco il perché della mia invidia”.

Il parto è un dono che si confeziona per nove mesi tra alti e bassi, slanci e cadute, esaltazioni e depressioni. All’uomo, al maschio, tutto questo è negato: ai, la natura. Ma se l’uomo, il maschio, provasse a mettersi in sintonia? Resterebbe uomo, maschio. Ma finalmente senza la U o la M maiuscola. Sono le maiuscole anacronistiche a fare danni: da accoppiati o da singoli.

“In questo spettacolo – spiega Mirko Corradini – non ho altro obiettivo se non quello di inchinarmi alle donne. Un’ostetrica, Ornella Marcon, mi ha aiutato a dire quello che c’è da dire per non dire scemenze. E’ la drammaturgia che nasce da un colloquio intenso, ogni volta una nuova curiosità. Il resto è roba mia. Il resto sono io. Sono io e la mia emozione. Io il mio bisogno di non dire più solo a me stesso, o ai miei amici, quanto sia giusto invidiare alle donne il ciclo, la gravidanza, il parto. Loro, le donne, di sicuro si ascoltano. Noi, gli uomini, dobbiamo imparare ad ascoltare loro che si ascoltano”.

Insomma: quando cresce il pancione alle donne cresce un mondo intero. Quando agli uomini cresce la pancia è solo grasso. Con “Voglio essere incinto” Mirko Corradini, (regista di sé stesso ma aiutato a non deragliare da Andrea Deanesi), vuol fare festa. Il 22 – sera della seconda replica – è il suo compleanno. Una fortuna potersi regalare un faro puntato su un augurio da fare a chi sta in scena e a chi sta in platea.